“…sono già stato in questo posto. Lo so perché e’ li’ che trovato un pezzo di carta straccia, un pacchetto di sigarette vuoto e aperto su cui qualcuno ha scritto dei ricordi, una piantina di questa casa enorme come un castello e abbandonata come un pacchetto di sigarette che non serve più a niente se non a scriverci sopra degli appunti o a farci dei disegni. Lo so perché io stesso vi ho ricalcato le figure che mi accompagnano, ho storpiato le lettere in fila come le stanze di questo castello senza trovare una via d’uscita perché senza una piantina o almeno dei ricordi su quale scala percorrere, quale sotterraneo attraversare e per andare dove, se hai soltanto una cartina, una carta straccia che ti dice di girare a destra dove c’è un passaggio per un’altra stanza, un altro corridoio uguale a questo, dove cercare altri indizi di qualcuno che e’ già’ stato qui molto tempo fa oppure ieri oppure sono io che sono già stato qui e ho fumato quelle sigarette e ho disegnato una mappa con l’ultimo fiammifero spento, come se avessi bisogno di luce. Lo so perché non sono solo: ci sono con me i miei ricordi e le figure che mi accompagnano mi dicono di girare a destra, dove c’è una botola oppure una scala che mi porta in un altro luogo abbandonato da tutti tranne che da me, che mi arrampico su un altro solaio o libero dalle macerie un passaggio alla ricerca di altri indizi, altri pacchetti di sigarette, un’altra piantina che mi dica dove girare insieme alle figure che mi accompagnano che mi spingono verso un’altra stanza, dove mi metto a cercare e a rovistare, prima di accorgermi che sono già stato in questo posto…”
(tratto da Verso l’età dell’oro di Massimiliano Viel)
“Verso l’età d’oro” di Massimiliano Viel e Otolab si muove in un percorso di otto ambienti abbandonati, potrebbero essere quelli di un castello o di una villa monumentale, nei quali esistono in forma spettrale alcune presenze prive di sembianze umane e che rimandano piuttosto a resti visivi di opere artistiche. I suoni accompagnano questa visita alla deriva tra emissioni vocali inarticolate, ricordi di umanità perduta, variazioni sulle percussioni metalliche, come suoni di campana, segnali che conducono verso un ipotetico quanto anelato “esterno”. Il riferimento tematico più generale è dunque quello del labirinto in cui l’involontario visitatore, narrante dell’intermezzo si scopre rinchiuso. Il titolo sembra suggerirci una direzione (verso il passato?), una soluzione o forse solamente una speranza.
Visuals: Franco Duranti (fd), Fabio Volpi (dies_)
Audio: Massimiliano Viel (prof)
Concept & Production: otolab, 2006-2014